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  • Immagine del redattoreAngelo Fernando Galeano

L'ABC dell'interpretazione di una canzone.

Aggiornamento: 21 feb 2020

Cosa dobbiamo chiederci prima di affrontare lo studio di una canzone?


L’interpretazione di un brano parte sempre dall’esigenza comunicativa dell’autore e, nel caso di un’aria, del personaggio.


Ma qual è la differenza fra canzone e aria?


E’ molto semplice.

Un’aria è un brano musicale inserito in un contesto teatrale in cui il cantante interpreta un personaggio e quindi diventa altro da sé.

Un canzone invece è un brano vocale avulso da qualsiasi contesto teatrale in cui l’interprete è libero di essere se stesso, o chi gli pare.


Diventare altro da se stessi significa sacrificare la propria individualità al servizio di un personaggio che esiste a prescindere dall’interprete che gli regala il suo corpo per prendere vita sul palcoscenico.

E' come infilarsi una marionetta alla mano e darle vita. La mano può cambiare, ma il personaggio è sempre lì, e in molti casi è così potente da esistere da molto prima della nascita dell’interprete e da continuare ad esistere ben oltre la sua morte o il ritiro dalle scene, in attesa di altri artisti che gli diano vita.


E’ ovvio che ogni interprete possa dare la sua lettura di quel personaggio e cercare in esso un po' di se stesso, ma senza esagerare, con juicio, per dirla col poeta.


Nel caso di una canzone, specie se pop, è esattamente il contrario. Il pubblico vuole partecipare emotivamente con l'interprete, e simpatizzare (nel senso etimologico, condividere delle emozioni) con lui o lei che sul palco si mette a nudo facendosi conoscere per quello che è, per le proprie fragilità e il proprio vissuto.


Di un attore non importa il vissuto e la personalità. ma l'abilità attoriale.

Non andremo certo a cercare un cantante uxoricida per interpretare Otello.

O una squillo per Violetta Valery.


Può un'aria diventare una canzone e viceversa?


Sì certo, un’aria estrapolata dal suo contesto teatrale può diventare una canzone, come è accaduto a decine di arie tratte da spettacoli musicali degli anni ’30 e 40’ che sono diventati degli standard jazz, pensiamo ad esempio a Summertime, che nello spettacolo Porgy and Bess è un’aria del personaggio Bess, ma diventa una canzone se cantata dalle decine di artisti che l’hanno ricreata per tutto il secolo, dimenticando quindi Bess e tutte le sue necessità interpretative.


Allo stesso modo una canzone, se inserita in un contesto teatrale, può diventare un’aria.

Una canzone degli ABBA, Mamma mia, inserita nell’omonimo spettacolo diventa una delle arie del personaggio di Donna, quindi l’interprete è chiamata a cantarla diventando altro da sé, in questo caso, Donna Sheridan.


In italiano abbiamo questa magnifica differenziazione, in inglese invece il termine Song identifica entrambi. Sarebbe il caso, dato che possediamo un termine per ogni cosa, di tornare a sfruttarlo.


Per comprendere meglio il valore drammaturgico dell’aria possiamo utilizzare una proporzione matematica:


ARIA : TEATRO MUSICALE = MONOLOGO : TEATRO DI PROSA


L’aria è quindi quel momento in cui il tempo dell’azione di ferma e il personaggio ci dice i suoi pensieri più reconditi, ed è quindi l’unico momento dello spettacolo in cui noi, il pubblico, possiamo dare per scontato che il personaggio stia dicendo la verità.



Ma cosa dobbiamo chiederci prima di iniziare a fare un qualsiasi lavoro di interpretazione su un brano, aria o canzone che sia?


Ci vengono in aiuto le cosiddette “Cinque W” (… che poi sono sei) :


Who?

Where and When?

What?

To Whom?

Why?


che in italiano diventano:


Chi sono?

Dove e Quando?

Cosa sto dicendo?

A chi lo sto dicendo?

Perché lo sto dicendo?


Solo dopo aver risposto in modo esaustivo a queste domande, possiamo dire di poter iniziare un approfondito lavoro interpretativo su un brano, canzone o aria che sia.


Buona Musica a tutti.





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