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Attore teatrale e attore cinematografico: due mestieri diversi?

  • Immagine del redattore: Angelo Fernando Galeano
    Angelo Fernando Galeano
  • 9 giu
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 10 giu

Il dibattito sulla natura intrinseca del linguaggio cinematografico e teatrale, e di conseguenza sulla diversità dei rispettivi mestieri attoriali, è tanto antico quanto affascinante. Se il teatro è spesso celebrato come regno della finzione pura, dove la trasformazione dell'attore trascende la mera riproduzione del reale, il cinema si profila come una ricerca spasmodica del verosimile, una continua tensione verso la riproduzione, o la costruzione, di una realtà credibile.


Questa dicotomia non è meramente stilistica, ma affonda le radici nelle fondamenta stesse dei due linguaggi, plasmando metodologie, obiettivi e persino l'essenza stessa dell'atto performativo.


Il Teatro, il santuario della trasfigurazione

Nel Teatro, l'attore è un demiurgo che si manifesta qui e ora, davanti a un pubblico vivo. La sua performance è un atto irripetibile, un'epifania che si consuma nel presente. Questa immediatezza conferisce al Teatro una libertà espressiva che nel cinema è quasi impossibile, o comunque decisamente attenuata. L'attore teatrale non mira a "essere" il personaggio nel senso di una perfetta imitazione, quanto a diventare altro da sé, a trasfigurarsi attraverso il gesto, la voce, la parola, il movimento, il corpo, la presenza scenica.


Il Teatro non deve essere una rappresentazione della vita, ma la vita stessa, in una sua forma più intensa, condensata, sublimata. L'attore, in quest'ottica, è un medium, un canale attraverso cui energie e archetipi prendono forma, evocando un'emozione, un'idea, non replicando la realtà.


La convenzione è intrinseca: il sipario, le luci, la scenografia, i costumi, sono espliciti segnali di un mondo che, pur comunicando verità profonde, è apertamente fittizio. L'attore può essere un re, una divinità, un animale, un'idea astratta, e il pubblico accetta questa metamorfosi come parte del patto teatrale. La quarta parete è porosa, spesso rotta, e la complicità tra attore e spettatore si nutre di questa consapevole accettazione della finzione.


Il Cinema, l’ossessione del reale (o della sua illusione)

Il Cinema, d'altro canto, nasce dalla vocazione a catturare e riprodurre il reale. Dalle prime proiezioni dei fratelli Lumière, che mostravano la vita quotidiana, la settima arte ha inseguito un'illusione di verità che si è raffinata con l'avanzamento tecnologico. La macchina da presa, con la sua capacità di frammentare, ingrandire, rallentare e accelerare, non si limita a registrare, ma costruisce una realtà. L'attore cinematografico è dunque chiamato a un tipo di performance differente. La sua recitazione deve spesso nascondere la recitazione stessa, cercando una naturalezza che si confonda con il quotidiano. Il cinema ha una vocazione ontologica, quella di conservare un frammento di tempo, un'impronta del reale. In questo contesto, la performance attoriale è misurata dalla sua capacità di essere "vera", di non tradire l'illusione cinematografica.


Il primo piano rivela ogni sfumatura, ogni incertezza, ogni eccesso. L'attore non deve "essere" il personaggio in senso totale, ma "incarnare" il personaggio in modo così convincente da far dimenticare la finzione. La ricerca del verosimile si traduce in un lavoro minuzioso sui dettagli, sulla micro-mimica, sulla sottrazione. Il mestiere dell'attore cinematografico è intriso di attese, ripetizioni, frammentazione, privato del flusso continuo e dell'energia diretta del palcoscenico.

Il risultato finale è un'immagine, un prodotto assemblato, editato, manipolato, che arriva allo spettatore non come esperienza diretta, ma come visione mediata.


Due mestieri, due anime

In definitiva, la differenza tra il linguaggio cinematografico e quello teatrale non è una questione di superiorità o inferiorità, ma di diverse nature e finalità. Se il Teatro è un inno alla trasfigurazione e all'immediatezza, il Cinema è una ricerca incessante del verosimile, una costruzione di un'illusione così perfetta da sfiorare il reale. Entrambi i mestieri attoriali richiedono talento, dedizione e una profonda comprensione del mezzo, ma le loro espressioni e le loro metodologie sono intrinsecamente diverse. Il Teatro celebra la finzione nella sua più pura essenza, mentre il Cinema tenta di renderla invisibile.


Senza dubbio sono due mestieri che sembrano fondamentalmente diversi, sebbene condividano l'atto di interpretare un personaggio. Le differenze non sono solo nelle metodoloigie utilizzate, ma anche nell'approccio mentale, nel tipo di relazione con il pubblico e con il mezzo stesso.


La presenza e l'immediato vs. la frammentazione e il controllo

Nel Teatro, l'attore è una presenza viva e ininterrotta. La sua performance è un flusso continuo, un'esperienza che si svolge in tempo reale, senza interruzioni. Ogni sera è una nuova creazione, con sottili variazioni dettate dall'energia del pubblico e dall'interazione con gli altri attori. Questa immediatezza richiede una resistenza fisica e mentale notevole, una capacità di mantenere il personaggio per tutta la durata dello spettacolo e di adattarsi a qualsiasi imprevisto. L'errore fa parte del processo, e la sua gestione è essa stessa un atto performativo. La reazione del pubblico è tangibile e immediata, fornendo un feedback costante che l'attore può assorbire e a cui può reagire.


Nel Cinema, l'attore lavora in un ambiente di frammentazione e controllo estremo. Le scene vengono girate fuori sequenza, ripetute decine di volte, con interruzioni per aggiustamenti tecnici, luci e movimenti di macchina. La performance è costruita a pezzi, e l'attore deve essere in grado di raggiungere l'emozione o l'espressione desiderata "a comando", spesso per pochi secondi alla volta, senza il beneficio di un contesto narrativo continuo. Il pubblico non è presente durante le riprese, e l'attore si confronta principalmente con la macchina da presa e, in un certo senso, con la visione del regista. La recitazione deve essere internalizzata e calibrata per la lente, dove un minimo movimento o un'espressione quasi impercettibile possono avere un impatto enorme sul grande schermo. L'editing finale è ciò che assembla la performance, e l'attore raramente ha il controllo sul risultato complessivo del suo lavoro.


La proiezione esterna vs. l'interiorizzazione sottile

L'attore teatrale deve proiettare la sua voce, i suoi gesti e le sue emozioni fino all'ultima fila, altrimenti il messaggio non arriva. C'è una necessità di amplificazione, di una certa grandezza nel gesto e nella voce, che non deve però cadere nell'eccesso. Questa proiezione esterna è intrinseca alla natura del palcoscenico e all'interazione con uno spazio tridimensionale e un pubblico fisicamente distante.


L'attore cinematografico, al contrario, è spesso chiamato a un'interiorizzazione sottile. Il microfono cattura il sussurro più flebile, la macchina da presa ingrandisce un battito di ciglia. La sua recitazione deve essere contenuta, autentica e spesso minimalista. L'espressività è nel non detto, nel fuggevole, nel micro-movimento muscolare che il primo piano esalta. Un'interpretazione teatrale sul set cinematografico risulterebbe quasi sempre sopra le righe e poco credibile.


La creazione collettiva live vs. la visione del regista

Nel Teatro, sebbene ci sia una regia, la performance finale è il risultato di una creazione collettiva che si manifesta dal vivo. Gli attori interagiscono tra loro e con il pubblico in un modo che è unico ogni volta. C'è un senso di compagnia, di ensemble, dove la chimica tra gli interpreti è fondamentale e si sviluppa in tempo reale.


Nel Cinema, l'attore è uno strumento nelle mani del regista. Sebbene il suo contributo sia essenziale, la visione ultima è quasi interamente del regista, che attraverso il montaggio, il sonoro, la musica e la fotografia, costruisce il film. L'attore fornisce i "materiali" grezzi, ma è il regista a plasmare l'opera finita.


In sintesi, pur essendo entrambi artisti dell'interpretazione, il Teatro e il Cinema richiedono skills, sensibilità e approcci radicalmente diversi.


Un grande attore di Teatro non è automaticamente un grande attore di Cinema, e viceversa. Ciascun mezzo esige un adattamento profondo e specifico al suo linguaggio e alle sue dinamiche.


Le professionalità teatrale e cinematografica possono coesistere nello stesso artista. Anzi, molti attori di successo hanno dimostrato e continuano a dimostrare una notevole versatilità, eccellendo sia sul palcoscenico che davanti alla macchina da presa.

Sebbene le due arti richiedano competenze, sensibilità e approcci radicalmente diversi, un attore può sviluppare la capacità di adattarsi a entrambi i linguaggi.


Spesso, l'esperienza in un campo arricchisce l'altro. La disciplina e la profondità emotiva sviluppate sul palcoscenico possono dare all'attore cinematografico una maggiore riserva di strumenti. Viceversa, l'attenzione al dettaglio e alla sottigliezza richieste dal cinema possono affinare la performance teatrale, rendendola più sfumata e meno "teatrale" in senso negativo.


Numerosi sono gli esempi di attrici e attori che hanno attraversato e continuano a eccellere in entrambi i mondi, dimostrando che la chiave è l'allenamento costante, la curiosità e la capacità di adattamento alle specificità di ciascun linguaggio artistico.


 
 
 

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