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  • Immagine del redattoreAngelo Fernando Galeano

Il Volo è effettivamente il più grande ambasciatore della “lirica” italiana nel mondo.

Analizziamo la parola.

Una lirica, voi mi insegnate, è una poesia messa in musica. E lirici sono sempre stati definiti nella storia quei poeti che cantavano i loro versi, o i versi altrui. Quindi Saffo, gli interpreti dei lieder di Schubert, le liriche di Schubert appunto, e, se vogliamo, Tenco, Vecchioni, De Andrè.. poeti in musica.

Opera lirica è quindi una definizione impropria del Melodramma, nata per distinguerla dalle opere teatrali in prosa, probabilmente anche perché i cantanti lirici, ossia i poeti di corte, i cantanti di corte, ne furono primi interpreti, fino alla nascita dell'attore/cantante d'opera vero e proprio specializzato nell'esecuzione di questa forma d'arte.

Quindi la parola lirica non ha molto a che fare con l'opera e il melodramma che non è poesia in musica, benché spesso in versi, ma è teatro in musica, differenza sottile ma sostanziale.

Oggidì esistono due modi per cantare il repertorio teatrale:

il primo, più antico, quello belcantistico, raro, sano, angelico, etereo, controllato, dinamico ed estesissimo, facile nella sua difficoltà e mai scomposto o percepito come sforzo o urlo. Questo stile vocale mantiene la voce agile, estesa, elastica e fresca anche in tarda età e si può cantare in questo modo per decenni, anche fino a 70 anni ed oltre senza che la voce ceda per usura ma solo per il fisiologico avanzare dell’età.

Il secondo è quello “affondista”, ossia basato su pratiche di affondo laringeo e respiratorio, figlio di una tecnica di canto tardo ottocentesca, violenta, muscolare, urlata, testosteronica negli uomini e chioccia nelle donne, che provoca nel cantante difficoltà nel raggiungimento di tessiture che di per sé sarebbero facili e nell'ascoltatore l'impressione di sforzo e di fatica vocale non indifferente, talvolta scambiati per eroismo e abilità.

Con questo stile vocale la voce si deteriora molto in fretta, e una carriera può durare dignitosamente solo per 10-15 anni prima che la voce vada incontro ad un rapido e inevitabile declino.

Il grande pubblico conosce solo il secondo, ed è a quel tipo di suono che si riferisce il telespettatore medio quando sente parlare di lirica o peggio di lirici, come la tv ha abituato a ribattezzare tutti i cantanti d’opera, a quel suono falso nel colore perché artificialmente e forzosamente scurito, urlato, perennemente oscillante, incontrollato e intubato, per nulla consono all'intellegibilità delle parole, tanto da dare adito a quella frase che avrete sentito miliardi di volte, “quando cantano i lirici non si capiscono mai le parole”. Un suono identificato con una voce talmente indietro e spinta da essere facilmente imitata e derisa da tutti, anche dai ragazzini che appena sentono qualcosa di vagamente operistico partono sovente in un'imitazione ilare e offensiva per i secoli di storia del melodramma e della vocalità teatrale.

A quel tipo di sonorità e vocalità si rifanno, giustamente, i nostri italici eroi, perché è l'unica con cui disgraziatamente e inevitabilmente sono venuti in contatto in questo paese che ormai da decenni rifugge il Belcanto, dopo averlo inventato, esportato e poi dimenticato.

Il ventennio fascista ha creato generazioni di italici maschi testosteronici e di virago degne compagne di cotanta virilità e più recenemente il ventennio berlusconiano televisivo i cui malefici effetti subiamo ancora oggi amplificati, ha cementato nell'immaginario collettivo questo tipo di vocalità invitando come ospiti in ogni trasmissione, e persino a Sanremo, solo grandi fallimenti vocali assurti ad esempio di “belcanto italiano”. Conseguenza inevitabile di questo fraintendimento è che i tre cantanti de il Volo si siano inseriti ora a pieno diritto e con coerenza in questo filone vocale, che negli anni ha distrutto l'Opera e la sua percezione nel pubblico italiano medio, che ormai identifica quest'arte con qualcosa da cantare non con grazia e raffinatezza, ma con una vocalità imprecisa, traballante, falsa, vecchia, fuori tempo, museale.. 

Di questo ‘nuovo’ stile vocale tipicamente italiano e che non trova riscontro nelle culture vocali del resto d'Europa, se non, forse, nel canto tardo romantico tedesco e nella peggiore scuola russa o slava, i cantanti de Il Volo sono degni rappresentanti, eredi e prodotto.

E tale stile vocale rappresentano nel mondo più che degnamente. Ecco perché il Volo è di diritto l'ambasciatore di questo nuovo genere che è la lirica italiana nel mondo, mentre gli ambasciatori del Belcanto operistico sono sconosciuti al grande pubblico televisivo e ai fan del Volo.

La nota dolente di questa realtà è che il Volo, al contrario di quello che pensano gli opinionisti da salotto televisivo, allontana i giovani dall'Opera anziché avvicinarli. L'affondo laringeo infatti fa sembrare vecchia e traballante anche la voce più giovane e fresca, al contrario del Belcanto che fa sembrare giovane e fresca anche la voce di una quasi settantenne come Mariella Devia. Quindi un ragazzo di 20 anni non si immedesimerà e non apprezzerà mai un suo coetaneo che quando canta sembra suo nonno. E sono pronto a scommettere che quasi nessuno di quelli che affollano gli stadi per i concerti de il Volo abbia mai messo piede in un Teatro d'Opera e dubito seriamente che quell'esperienza lo invogli a farlo anche dopo. Ma li avvicina con entusiasmo alla Lirica, ossia a questo modo polveroso e sorpassato di cantare le liriche, le poesie in musica, le canzoni. Ascolterà e scaricherà il nuovo singolo di Bocelli, e sarà così un grande e gioioso fruitore della Lirica.


Ma l'Opera è un'altra cosa.


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